Corte dell’Aia, gli Stati Uniti la temono?
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Il Pentagono impedisce agli Stati Uniti di fornire alla Corte penale internazionale dell’Aia le informazioni raccolte dagli stessi Stati Uniti a proposito di veri o presunti crimini di guerra compiuti dalla Russia contro i civili in Ucraina. Hanno per caso la coda di paglia?
La notizia viene da quanto ha scritto, mercoledì 8 marzo 2023, il New York Times, riportandone anche il motivo. E cioè: i vertici militari temono di creare un precedente utile alla messa in stato di accusa di cittadini americani da parte della Corte.
La Corte ha aperto ormai un anno fa un procedimento contro la Russia. A quanto riferisce il New York Times, il Pentagono è la sola branca dell’amministrazione pubblica statunitense a non volere la collaborazione. Gli altri settori invece sarebbero ben lieti di aiutare la Corte: ma, da soli, non possono. Così la faccenda è da settimane sulla scrivania del presidente Biden, che non ha ancora preso una decisione.
RUSSIA E USA NON RATIFICANO L’ISTITUZIONE DELLA CORTE
Fin qui le principali informazioni offerte dal New York Times. Si può aggiungere che un’eventuale condanna della Russia da parte della Corte dell’Aia non avrebbe alcuna rilevanza pratica. Infatti la Russia stessa non ha mai ratificato il trattato che la istituisce. Non a caso la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, da tempo caldeggia la creazione di un tribunale speciale ad hoc davanti al quale processare la Russia: cosa che sarebbe come minimo molto complicata.
Peraltro, neanche gli Stati Uniti hanno mai ratificato l’istituzione della Corte dell’Aia. Solo di recente – e questo il New Tork Times lo dice – gli Usa hanno inserito nella loro legislazione gli elementi che permetterebbero di fornire alla Corte elementi utili alla messa in stato d’accusa della Russia.
Questi elementi, sempre secondo il New York Times, riguardano la distruzione di infrastrutture civili in Ucraina (ma quale guerra le risparmia?) e il rapimento di bambini. Probabilmente, a quanto si può intuire, il “rapimento” si riferisce di fatto alla tutela legale dei minori nelle aree dell’Ucraina che la Russia ha conquistato.
Non è questa la sede per pronunciare un’assoluzione o una condanna relativa ai presunti crimini di guerra russi. Vale invece la pena di rilevare due fatti curiosi. Il primo: il New York Times non inserisce il massacro di Bucha fra i crimini della Russia a proposito dei quali gli Usa potrebbero fornire elementi alla Corte dell’Aia. Eppure lo stesso New York Times si era procurato immagini satellitari della Maxar Technologies utili a dimostrare che proprio i russi avevano ucciso i civili. La Maxar Technologies collabora con il governo statunitense. Il silenzio del New York Times su Bucha sta forse a significare che qualche dubbio è sorto perfino sull’altra sponda dell’Atlantico?
PERCHÉ GLI USA TEMONO LA CORTE DELL’AIA?
E poi il secondo fatto curioso. Il più sostanziale. Il Pentagono non vuole fornire elementi alla Corte dell’Aia nel timore che questo apra la strada alla messa in stato di accusa di cittadini americani.
Il New York Times pudicamente non elenca le atrocità di guerra per i quali gli americani potrebbero temere un processo. Però c’è abbondanza di materiale. Qui un campionario in italiano e uno in inglese. Già il fatto che i due elenchi non si sovrappongano completamente la dice lunga.
Lasciamo pur perdere fatti che risalgono più o meno ad Adamo ed Eva: il massacro dei nativi americani, il bombardamento di Dresda, Hiroshima e Nagasaki, la guerra di Corea, il Vietnam eccetera. Lasciamo perdere e veniamo a fatti recenti. Ad esempio, i villaggi bombardati in Afghanistan a partire dal 2001. Il carcere di Abu Ghraib e la strage di Haditha in Iran, nel 2004 e nel 2005…
In questo museo degli orrori meritano un posto anche le “tecniche avanzate di interrogatorio” in uso a Guantanamo. Non sono atrocità di guerra in senso stretto. Però sono atrocità conclamate. Sputi in faccia ai diritti umani.
GIULIA BURGAZZI